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Il Minimalismo è morto?

30.12.15 Gabriele Alberto 0 Comments Category :

Negli ultimi anni mi sono posto questa domanda più volte, soprattutto da quando mi sono trasferito a Berlino, città piuttosto eterogenea e svincolata da molti dogmi, tra cui anche quelli estetici.
Pensando agli scorsi anni, mi vengono in mente i tanti locali con l'interior design fondato sugli elementi bianco/nero/acciaio (col grigio che ogni tanto, e soprattutto nell'ultimo periodo, faceva la parte dell'intruso benvenuto), il bombardamento di immagini raffiguranti ambienti sterili a opera della qualsiasi rivista di interior decoration, negozi di moda che, per garantirsi una certa rispettabilità, non potevano rinunciare al pavimento in cemento, ai muri bianco ottico e agli stendini in acciaio satinato e il grande successo di pubblico delle architetture algide colorate esclusivamente di bianco o del grigio del loro cemento di Zaha Hadid, David Chipperfield, Tadao Ando o Richard Meier.


(sopra: immagine via bluexhouse)

(sopra: immagine di Luisaviaroma a Firenze, via italiastraordinaria)


(sopra: immagine di un'architettura di Zaha Hadid a Pechino, via leibal)


(sopra: immagine di un'architettura di David Chipperfield a Berlino, via davidchipperfield)


Nel design di mobili il minimalismo si era invece fatto strada molto prima, già negli anni '60, quando ad esempio AG Fronzoni crea la sua Serie 64 e dà un'ulteriore rappresentazione della sua filosofia minimalista. Ad esempio il tavolo (come anche tutti gli altri arredi di questa serie) sembra nascere come esercizio, talmente è un concentrato di valori del minimalismo. Solo bianco o nero, di forma quadrata o rettangolare. La sua struttura è un tubo a sezione quadrata, le cui misure sono anch'esse minimaliste: altezza 30 o 70 cm, lunghezza 100 cm e larghezza 200 o 100 cm. Quando l'ho visto ne sono stato profondamente colpito e tutt'ora rimane uno dei miei tavoli preferiti.



(immagine via italianways)


Nel settore della tecnologia il design si è spinto sempre più verso il minimalismo grazie alla Braun, ma soprattutto per via dell'onda d'urto che ha causato l'enorme successo dei prodotti Apple (il cui design, com'è noto, ha visto in molti casi la Braun come punto di ispirazione): da quando l'iPod ha reso popolare il brand di Cupertino, il mondo intero pretende che il design dei prodotti hi-tech sia sempre più estremamente minimalista. È in questo settore che io vedo l'ultima manifestazione e sopravvivenza del minimalismo nudo e crudo.


Tornando al minimalismo applicato agli interni, io ho la percezione che da qualche anno qualcosa stia cambiando.
Un primo segnale che il minimalismo stesse cedendo il passo a qualcos'altro, o che si stesse modificando, l'ho avvertito nella prima vera casa in cui abbiamo vissuto io e Laura a Berlino.
Ci eravamo trasferiti qui da soli due mesi e dovevamo cambiare appartamento; dato che eravamo due stagisti, potevamo permetterci l'affitto di una sola stanza. Cercando nel web, abbiamo trovato l'annuncio di una ragazza tedesca che metteva in affitto una delle sue due stanze da letto: l'abbiamo contattata e quando abbiamo visto l'appartamento io ne sono rimasto folgorato. Mi ricordo che ciò che mi aveva colpito di più durante la visita era la tanta luce che entrava dalle finestre per dare poi calore agli arredi dai colori neutri. Il mix di mobili vintage e arredi contemporanei era sorprendentemente armonioso (si sa che incrociare arredi di epoche molto differenti è difficilissimo) e trasmetteva tutta la spontaneità con cui era stato realizzato. Vi metto qui sotto alcune immagini (sono le fotografie dell'annuncio che io avevo salvato).






Come si vede dalle foto, l'atmosfera dell'appartamento in cui abbiamo poi vissuto per otto mesi era accogliente e la presenza di oggetti non essenziali e di decorazioni però non creava confusione. Inoltre la scelta dei colori neutri riusciva a dare all'ambiente la sensazione di freschezza e di calma che anche il minimalismo si propone di trasmettere, ma in questo caso la sua caratteristica rigidità era assente.
Cominciando a vivere finalmente la nostra nuova città, abbiamo notato il sempre minore gradimento generale verso gli ambienti sterili ed eccessivamente progettati. Se tempo fa i posti più affollati e "in" erano quelli di estetica minimalista, ultimamente questi vengono sconfitti da ambienti più accoglienti e meno rigidi.
E questa tendenza l'ho notata anche nella decorazione delle case. Sul web o sui social network vengono condivise (e quindi apprezzate) tantissime immagini di abitazioni accoglienti e comunque essenziali, mentre fino a pochi anni fa sicuramente si sarebbe visto un tripudio di fotografie di interni algidamente minimalisti. Lo stesso successo di Freunde Von Freunden - un sito web/community che ha come tema principale le abitazioni - è interessante da notare in quanto pubblica rarissimamente ambienti minimalisti.
Mi viene da citare anche Monocle, rivista molto apprezzata in tutto il mondo, che recentemente ha sentito l'esigenza di lanciare uno dei suoi libri-guida tutto dedicato alle "Cozy Homes", proprio come risposta alle tante persone che vogliono finalmente una pubblicazione che non mostri case dove "sembra che non ci vivi nessuno" (cit. The Monocle Guide to Cosy Homes): quelle che invece fino a pochi anni fa erano proprio messe in copertina per potere spingere le vendite.

Col tempo ho ragionato molto sulla domanda che fa da titolo a questo post e mi sono finalmente dato una risposta.
Il minimalismo non è morto. Difatti s'è ammorbidito, ha ceduto su parte dei suoi dogmi per permettersi ancora di non fare la fine di alcune correnti estetiche del passato, quelle che ora sono sepolte e circoscritte a secoli più o meno lontani.
Del resto è un percorso più che naturale.
Il minimalismo nel design - ma in questo caso soprattutto negli interni - nasce come reazione e interruzione della confusione dei decenni che lo precedevano. Come molte altre correnti estetiche anche il minimalismo si proponeva a un pubblico elitario, dotato di gusto molto raffinato e, per carità, anche un po' snob. Per imporsi doveva basarsi su regole ferme, inequivocabili e anche estremiste (e in quest'ultima caratteristica sta tutto il suo senso rivoluzionario); ma col tempo anche il minimalismo sarebbe diventato parte della cultura e, una volta effettuata la sua rivoluzione, se fosse rimasto ancora rigidamente fedele ai propri dogmi, sarebbe stato ritenuto eccessivo e quindi forse poi abbandonato.
Ciò che vedo oggigiorno è un minimalismo smorzato e quasi inaspettatamente "caldo". L'acciaio perde vantaggio sul legno, le superfici ammettono la presenza di difetti, le pareti spoglie vengono delicatamente rivestite di stampe essenziali e fotografie artistiche, gli ambienti acquisiscono qualche oggetto in più e i mobili ammettono l'uso del colore per non essere solo più bianchi, neri o grigi. Ma tutto rimane pulito, pacato e leggero.
In pratica il minimalismo degli esordi ha veramente compiuto il suo lavoro: ha fatto un'opera di pulizia e plasmato la mente di molti per portarli finalmente a concentrarsi sull'essenziale, ma permettendo loro la giusta libertà di rendere gli ambienti dei posti in cui potere vivere.

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